2016/01/26

1971/01/26: Il quotidiano "la Stampa" presenta la nuova impresa spaziale americana destinata a riprendere l'esplorazione umana della Luna

La pagina dedicata alla tecnologia e alla scienza de "La Stampa" di martedì 26 gennaio 1971 (dalla collezione personale di Gianluca Atti).


Nove mesi dopo la tremenda avventura dell'Apollo 13

Di nuovo verso la Luna

Apollo 14 partirà domenica sera (ore 21,23 italiane) da Cape Kennedy - Avrà a bordo il comandante Shepard e il pilota Mitchell, che scenderanno nella tormentata zona di Fra Mauro, mentre il maggiore Roosa li attenderà in orbita lunare - La sosta sul nostro satellite durerà 34 ore (più che nelle spedizioni precedenti) e l'equipaggio avrà compiti più difficili da svolgere - Obiettivo principale: ricercare eventuali tracce d'acqua nelle rocce

Cercheranno acqua fra i crateri provocando terremoti artificiali

La ricerca del petrolio nel sottosuolo ha forse suggerito all'astronautica il metodo più adatto a scoprire se esiste acqua nelle viscere della Luna e a stabilire in quale stato (solido, liquido e gassoso) vi è imprigionata. Il metodo è, infatti, analogo, anche se gli apparecchi impiegati saranno più semplici e gli strumenti tarati in maniera diversa. In base alle informazioni dei sismometri lunari che hanno registrato gli echi di numerosi eventi tellurici naturali (scosse endogene e impatti di meteoriti) e di uno artificiale (*) (la caduta del Lem di Apollo 12, mandato ad infrangersi contro la Luna ad una quarantina di chilometri dalla zona di atterraggio, dopo la partenza degli astronauti per il viaggio di ritorno), l'interno della Luna sembra sensibilmente diverso da quello della Terra. E' quindi possibile che i metodi terrestri debbano essere oppurtunatemente "corretti" prima di fornire dati sicuri.

Sarà Mitchell a compiere l'esperimento di prospezione durante la prima delle due escursioni di 4 o 5 ore previste dal programma. L'astronauta incomincerà a disporre sul terreno, lungo un perimetro di un centinaio di metri, tre geofoni collegati da un cavo. Quindi camminando lungo il cavo sparerà contro il suolo una serie di 21 colpi, uno ogni cinque metri. Per farlo si servirà di una specie di pistola con la canna molto larga e chiusa da una piastra denominata "thumper". Prima di premere il grilletto Mitchell appoggerà la piastra contro il suolo, in modo da proiettare contro di essa tutta la forza esplosiva della cartuccia. La detonazione creerà onde d'urto che penetreranno nel sottosuolo fino ad una profondità di circa 150 metri. Le onde riflesse verranno quindi captate dai geofoni, che le analizzeranno, le trasformeranno in una serie ordinata di impulsi elettromagnetici e trasmetteranno questi ultimi fino a terra. Saranno poi le caratteristiche delle onde di ritorno a svelare ai selenologi la natura, lo spessore e la struttura della crosta sottostante.

Prima di rientrare nel Lem, Mitchell predisporrà anche un secondo esperimento dello stesso genere. Nella zona di atterraggio impianterà infatti anche uno speciale mortaio con quattro granate, che verranno poi sparate con telecomandi da terra dopo la partenza di Shepard e Mitchell. Le granate esploderanno a distanza di 152, 305, 914 e 1524 metri, generando onde riflesse di grande intensità ed ampiezza che i geofoni capteranno e invieranno a terra. Per ampliare la zona esplorata nelle due prove il mortaio verrà orientato nella direzione opposta a quella in cui Mitchell ha compiuto il precedente esperimento con il "thumper".

L'esame delle onde sismiche riflesse permetterà ai selenologi di accertare se la Luna è fatta a strati come una cipolla (e cioè come la Terra) oppure se è omogenea rispetto al suo nucleo più interno. Queste prime informazioni permetteranno pure di stabilire se la Luna possedeva inizialmente un nucleo allo stato di fusione e lo conservò nello stesso stato anche in seguito oppure se tale nucleo si raffreddò progressivamente e rapidamente.

Scopo principale degli esperimenti di Mitchell sarà tuttavia quello di scoprire se nella crosta lunare esiste acqua. Se il prezioso elemento esistesse davvero, in sufficiente quantità e in uno stato tale da risultare estraibile con facilità, il futuro delle esplorazioni spaziali potrebbe essere addirittura rivoluzionato. Avere acqua a portata di mano sulla Luna, infatti, non significherebbe soltanto alleggerire il carico pagante dei missili vettori di domani e quindi ridurne il peso e la complessità, ma vorrebbe pure dire aver risolto uno dei problemi più importanti per la sopravvivenza prolungata dell'uomo nelle colonie lunari.

Ma c'è davvero l'acqua sulla Luna? Per rinforzare la loro certezza i selenologi più convinti si appellano a due ipotesi. La prima suppone che durante la sua formazione la Luna sia stata ripetutamente investita dalle comete, che agli albori dell'universo a noi più vicino dovevano essere abbastanza numerose. E poiché la loro coda sarebbe composta quasi esclusivamente di ghiaccio, sembra assai probabile che questi proiettili di acqua solida siano penetrati in profondità attraverso la crosta ancora morbida. La seconda ipotesi immagina invece che anche la Luna abbia avuto un'origine analoga a quella degli altri corpi del sistema solare, cioè da un nucleo caldo attorno al quale si sono raccolte polveri cosmiche formate da tutti gli elementi a noi noti, fino a formare la massa attuale. In questo miscuglio sarebbero naturalmente stati presenti anche l'idrogeno e l'ossigeno, che successivamente si sarebbero combinati sotto forma di acqua.

Quando poi gli elementi radioattivi del nucleo hanno cominciato a disintegrarsi e quindi a riscaldare notevolmente la massa, l'acqua si sarebbe trasformata più o meno totalmente in vapore e sarebbe salita verso la superficie. Giunta alla crosta, parte di essa si sarebbe diffusa nel vuoto cosmico circostante, proprio perché la forza di gravità lunare è tanto debole da non riuscire a trattenerla in superficie, mentre una parte potrebbe essere rimasta imprigionata - forse allo stato solido - sotto la crosta. La particolare natura del suolo, nel quale abbondano sostanze isolanti come le miche, l'avrebbe protetta dalle radiazioni, mantenendola nello stato solido.

(Bruno Ghibaudi)

(*) Nell'articolo viene dimenticato un secondo evento tellurico artificiale provocato dal terzo stadio del Saturn V, l'S-IVB, nell'aprile 1970, durante la drammatica missione Apollo 13.


Un carretto ripiegabile a due ruote per il trasporto delle polveri lunari 

Gli astronauti Alan Shepard ed Edgar Mitchell, che nel corso della prossima missione dell'Apollo 14 esploreranno la regione selenica di Fra Mauro (il nome è quello d'un cartografo veneziano del Cinquecento) si serviranno, per il trasporto dei materiali sulla Luna, di un piccolo carrettino a due ruote.

Il carrettino, denominato "Met", dalle iniziali Modular Equipment Transporter, è costituito da un semplice telaio ripiegabile in lega leggera: le ruote sono in gomma, pneumatiche, gonfiate ad una pressione di un decimo di atmosfera; il timone di guida è pure in lega leggera e termina con un anello triangolare, entro il quale gli astronauti infileranno la mano per trascinarlo.

Il peso del carrettino, a pieno carico, è di 45 chilogrammi sulla Terra, ma sulla Luna, a causa della ridotta forza di gravità, sarà di soli 7 chilogrammi.

Il "Met" sarà trasportato sulla Luna ripiegato su se stesso, staffato all'esterno del modulo di discesa: giunti a destinazione, gli astronauti dovranno staccarlo, aprirlo e caricarlo con gli strumenti e le attrezzature previste per i loro programmi esplorativi.

In particolare sul "Met" troveranno posto le macchine fotografiche e cinematografiche con i relativi caricatori di ricambio, una telecamera stereoscopica, un magnetometro portatile per il rilievo del campo magnetico lunare, i contenitori per la raccolta dei campioni di roccia.

I campioni verranno estratti a diverse profondità dalla superficie con una apposita paletta, sistemata essa pure sul "Met": ogni esemplare, prima di essere raccolto, verrà fotografato cinque volte e sarà descritto verbalmente in ogni dettaglio per radiotelefono ai centri di ascolto di Houston, in modo da corredarlo con il maggior numero di informazioni che possono essere utili, in seguito, nelle analisi di laboratorio.

Ogni campione sarà raccolto in una apposita busta numerata e verrà messo assieme agli altri nelle apposite sacche sistemate sul "Met": alla fine dell'esplorazione le sacche saranno trasportate sul modulo di ritorno del Lem, mentre il carrettino verrà abbandonato assieme alle altre attrezzature sul suolo lunare. L'impiego del "Met" faciliterà notevolmente il lavoro degli astronauti dell'Apollo 14 rispetto ai loro predecessori che dovevano trasportarsi tutte le attrezzature e le sacche dei campioni a spalla: il "Met", comunque, oltre che servire da mezzo di trasporto, svolgerà pure un'altra funzione di pari importanza: esso permetterà di stabilire in "loco", come potrà muoversi e quali difficoltà incontrerà la futura "jeep" prevista per gli spostamenti sul suolo lunare degli astronauti dell'Apollo 15.

A tal fine il carrettino è stato opportunatamente strumentato con dinamometri e accelerometri.
(Mario Oggero)